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Bambini, ragazzi, adolescenti, “quasi adulti”: un po’ di ordine

(di Chiara Marmugi)

Nonostante il settore sia tra i pochi a non conoscere ancora crisi di vendite né di pubblicazioni, non si è ancora giunti a una definizione unica e ampiamente accettata di “letteratura per ragazzi”.

In genere si fa riferimento a testi – di narrativa, saggistica, poesia o teatrali – pensati per i ragazzi, che parlano ai ragazzi o vengono letti dai ragazzi. Ma chi sono in realtà questi “ragazzi”? E quali sono le peculiarità della traduzione dei testi a loro dedicati?

La risposta più immediata alla prima domanda è tanto semplice quanto vaga: i “ragazzi” sono semplicemente i “non adulti” e i criteri di classificazione che descrivono questa categoria sono quanto mai vaghi e imprecisi. Così come vaga, imprecisa ed estremamente variegata è la gamma di tipologie testuali, tematiche e soprattutto forme e linguaggi che il traduttore di letteratura per ragazzi si trova ad affrontare. Si hanno infatti libri per l’infanzia (fascia pre-scolare e fascia scolarizzata), la preadolescenza e l’adolescenza, ovvero gli young adult, dei “quasi adulti” assai difficili da determinare.

I libri pensati per i bambini da 0 a 3 anni in inglese vengono definiti wordless books. Le uniche parole presenti sono quelle del titolo, mentre nelle pagine compaiono immagini di oggetti e situazioni familiari ai bambini di questa età. Presentano dimensioni (molto grande, tascabile, piccolo), formati (rettangolare in altezza o in larghezza, quadrato, con intagli e buchi, con le alette, elementi mobili o in rilievo, sagomato a forma di animale o di oggetti) e materiali diversi (carta, cartone, plastica, stoffa, legno) che svolgono precise funzioni comunicative e si adattano alle abilità cognitive e ai bisogni del lettore di questa età.

Ai bambini tra i 4 e i 6 anni sono invece rivolti gli albi illustrati, ovvero libri in cui alle immagini si affianca un testo scritto costituito da poche parole o frasi semplici. In questo tipo di testi il disegno assume una funzione interpretativa, spesso aiuta il bambino a riempire gli spazi lasciati vuoti dal narrato e a comunicare sensazioni, emozioni e sentimenti appena accennati nello scritto. Il traduttore deve “tradurre” il dialogo tra parole e immagini senza esplicitare nulla, né deve riempire gli spazi vuoti presenti nel testo originale. Come nel caso della traduzione per il fumetto, l’immagine costituisce spesso una sorta di “gabbia”, e al traduttore capita di eliminare una metafora o una similitudine perché non combaciano con il disegno. I testi per bambini in età pre-scolare sono pensati per essere letti da un adulto, che cambierà spesso il tono e l’inflessione della voce al fine di favorire l’immedesimazione del bambino. Il traduttore dovrà pertanto ricreare un testo adatto alla lettura ad alta voce, affrontando sfide molto simili a quelle poste da un testo teatrale. Si tratta in genere di testi brevi, caratterizzati da una sintassi semplice, in cui si predilige la paratassi, interrotta a volte da qualche frase relativa. Tuttavia ciò non non implica la rinuncia alla ricerca della qualità della scrittura. Al contrario, i bambini in questa fase sono molto sensibili e interessati alla lingua, ai significati delle parole, ai termini inconsueti, e un’eccessiva semplificazione finirebbe per produrre noia e far scemare l’interesse.

La fascia successiva è quella per i bambini che iniziano a leggere in maniera autonoma, dai 6 agli 8 anni, ed è costituita dai libri illustrati. Le immagini affiancano ancora i testi, ma senza apportare significati aggiuntivi, e se le prime servono a decorare la pagina e a renderla gradevole al lettore, i secondi sono già più corposi e articolati. I testi non verranno più veicolati da un lettore “esterno” e il traduttore dovrà quindi procedere in generale come se stesse traducendo un libro per adulti. I testi pensati per questa fascia d’età spesso rappresentano in maniera più o meno esplicita le trasgressioni che il bambino compie nell’esplorare il mondo, disubbidendo agli adulti e combinando una serie di marachelle e di guai. Il classico esempio è Pierino Porcospino, personaggio ideato da Heinrich Hoffmann nel 1845. Le sue vicende sono segnate da un’evidente crudeltà delle punizioni, che culminano spesso in disgrazie. Nel giudizio su questo tipo di letteratura gli esperti si dividono: c’è chi la condanna perché traumatizza i bambini e chi la ritiene catartica. Le punizioni sarebbero infatti talmente assurde che i bambini dietro al messaggio moralista scorgerebbero una tendenza anticonformista e la mascherata simpatia del narratore per il “cattivo”, sorvolerebbero sulla parte dolorosa, soffermandosi invece sul lato divertente e trasgressivo della sfida alle proibizioni.

Abbiamo poi la categoria dei tween (9-13 anni), i ragazzi nella fase intermedia (between) tra infanzia e adolescenza. I testi pensati per questa fascia d’età sono racconti e romanzi che presentano linguaggi, sintassi e tematiche via via più complessi. I personaggi hanno un’età che varia dagli 11 ai 14/15 anni; si calcola infatti che il protagonista debba avere circa due anni più del lettore ipotetico, in quanto l’immaginazione del ragazzo è facilitata dalla vicinanza anagrafica e favorita dalla tendenza a emulare il comportamento di chi è poco più grande. Le vicende narrano storie di amicizia, avventura, identità, rapporti con gli adulti. Il linguaggio deve essere verosimile, ovvero non troppo letterario, soprattutto nei dialoghi, che abbondano in quanto permettono di stabilire un contatto diretto con i personaggi stessi. Gli scambi di battute frequenti e rapidi mantengono alta l’attenzione del giovane lettore e costituiscono una sfida per chi traduce, in quanto in essi si concentrano gli elementi di maggior interesse linguistico, come le espressioni idiomatiche e le interiezioni, che contribuiscono a dare un sapore quotidiano al testo.

A partire dagli anni Ottanta-Novanta (e soprattutto dopo il boom di “Twilight”) l’editoria per ragazzi prevede libri per young adult, ovvero una fascia di lettori dai 15 ai 18-20 anni, ma che sconfina da una parte ai tween (e anche ai pre-tween, ovvero i bambini che assumono atteggiamenti e mode degli adolescenti) e dall’altra alle cosiddette Twilight-moms (o “mamme-Moccia”), ovvero signore che cercano di ritardare il più possibile il proprio processo di maturazione. Vi si trattano problemi legati all’adolescenza, gli stessi affrontati nella letteratura tween, ma intrecciati sempre a vicende legate sessualità e all’amore. Si tratta quasi sempre di romanzi di formazione, o meglio, traducendo il tedesco Entwicklungsroman, di romanzi “di sviluppo”, in cui non si impongono modelli di comportamento ma si offrono possibilità di immedesimazione e di riflessione. I personaggi e i temi a loro legati sono sempre trattati con estrema serietà e mai messi in ridicolo. Le caratteristiche fondamentali di questo tipo di letteratura corrispondono anche alle insidie principali per chi deve tradurla, e sono una “voce” ben distinta, dialoghi autentici e credibili, passaggi narrativi in uno stile chiaro ed efficace. In riferimento ai dialoghi, pur tendendo alla naturalezza la scrittura resterà convenzionale, in primis perché in Italia il linguaggio giovanile è fortemente connotato a livello geografico e scrivendo si dovrà creare un ibrido che risulti allo stesso tempo credibile e universalmente comprensibile. L’esempio classico è legato all’impiego del congiuntivo. Purtroppo nell’italiano informale e colloquiale degli adolescenti è spesso sostituito dall’indicativo. Il traduttore non scriverà frasi in un italiano scorretto, ma nemmeno metterà in bocca ad adolescenti frasi non credibili. Aggirerà l’ostacolo evitando di impiegare nei dialoghi costruzioni che lo prevedano. Il classico «Vorrei che tu venissi» non diverrà mai «Voglio che tu vieni», ma eventualmente «Se vieni mi fa piacere/ sono contento».

Come abbiamo visto, i libri per ragazzi sono destinati a età specifiche, e ognuna di esse ha proprietà lessicali e stilistico-grammaticali precise. Il traduttore dovrà badare all’età di riferimento, tenendo presente che non sempre il lettore ideale del testo originale sarà lo stesso di quello del testo tradotto. Spesso le scelte editoriali portano a effettuare cambiamenti di rotta, perciò si dovrà conoscere bene l’editore per cui si lavora e la collana in cui verrà pubblicato il testo. E non è raro che il traduttore si veda costretto a un’ennesima forma di traduzione, che lo porta a snellire la sintassi e ad alleggerire le frasi o a effettuare scelte più complesse rispetto all’originale.

 

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Questa voce è stata pubblicata il 21 marzo 2013 da in Numero 4, Qualcosa del genere.

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